Il counseling

Nessun vento è favorevole per il marinaio che non sa a quale porto vuol approdare. (lettera 71; 1975, pp. 458-459).
Seneca
17/02/2017 di Federica Salvatore

counseling

Non vi sono dimostrazioni sulla valenza, nel counseling, di un modello o teoria specifica nella eziologia che definiscano l’efficacia di uno piuttosto che dell’altro.

In molte istituzioni scolastiche viene proposto un modello integrato al fine di implementare l’efficacia nell’approccio con il cliente avendo in attivo modalità e strumenti che si possono selezionare a seconda delle personali esigenze.

Questa impostazione aderisce alle premesse della psicologia umanistica di Carl Rogers  che pone al centro della relazione d’aiuto il cliente. Il modello integrato, è supporto formativo di una figura professionale che si avvale di conoscenze teoriche e tecniche che provengono da diverse procedure. La figura professionale del counselor si basa principalmente, su una formazione indirizzata alla strutturazione di uno stile personale, di esplorazione e di azione che fa della poliedricità e dell’adattamento creativo un punto di forza.

Si propone l’obbiettivo di raffigurare una struttura di counselor a “tutto tondo”, adattabile alle varie metodologie, in grado di spaziare in un solo impianto teorico.

Il fine del counseling integrato è di avere una gamma di strumenti da combinare per il cliente e di ricercare anche quegli elementi comuni ai vari orientamenti.

Il filone comune dei vari strumenti utilizzati è sicuramente l’obiettivo madre del miglioramento della vita della persona e del potenziamento delle sue risorse.

Nello specifico le abilità del counselor, a prescindere dagli specifici orientamenti, indispensabili per il suo percorso sono esemplificate nell’ascolto attivo e nell’empatia. Il primo attiene alla concentrazione e l’attenzione rivolta alla comunicazione da parte del cliente, sia verbale e sia non verbale, indispensabile, ascoltare attivamente anche le proprie reazioni emotive, sensazioni, credenze ed eventuali pregiudizi.

L’empatia, favorisce il cambiamento del cliente diminuendo le sue resistenze.

La psicologia umanistica, nasce nel 1962, come movimento “American Association for Umanistic Psycology” per intuizione di Abram Maslow, Rollo May, e Carl Rogers. Essendo innovazione in antitesi con le teorie in voga, crea una importante dicotomia tra le visioni dando origine ad una concezione che vede l’uomo e la piena fiducia sulle sue valenze e capacità.

La psicoanalisi partendo dal passato aveva come postulato che l’uomo fosse somma di esso, il comportamentismo deprivava l’individuo della sua dimensione soggettiva, stimolo-risposta.

Ispirata all’esistenzialismo, la psicologia umanistica, riporta la figura della persona al centro della propria esistenza e lo rende attore protagonista del palcoscenico della sua vita.

Prende altresì in conto anche delle sue capacità, bisogni personali, visioni olistiche dell’uomo che fino ad ora nessuno aveva ritenuto basamenti di espressione di libertà: del proprio sé,  anche con disagi e necessità, o di distanziare dannosi pregiudizi, condizionamenti e sensi di colpa.

Un’alternativa, insomma, nasce per permettere un immaginario differente, per certi aspetti periglioso percorso, basato sulla presa in carico della responsabilità delle proprie scelte.

I pensatori di questo movimento si focalizzano su aspetti sostanziali come la persona, la dignità ed il capovolgimento diagnostico in ambito di salute e malattia.

Si evince una visione positiva dell’uomo e di completa fiducia dello stesso, anche riconoscendo che la capacità della persona può essere “bloccata” da situazioni nel percorso di vita. Si ritiene che l’individuo possa attingere alle sue risorse e creare le premesse per il cambiamento.

Rollo May, non a caso, prende spunto da Socrate e dalla sua asserzione l’arte di far nascere, e ridefinisce come priorità l’assunzione di responsabilità delle proprie azioni, scelta di chi e cosa essere, per una trasformazione dall’essere al divenire senza imputare ad eventi esterni.

“La psicoterapia e i problemi che portano le persone a chiedere un aiuto psicologico, emergono quando i valori della cultura crollano. E poiché questi valori sono mediati dai miti, è nel crollo dei miti che possiamo più chiaramente discernere i conflitti che spingono le persone a rivolgersi a uno psicoterapeuta. Un sogno è un mito privato; un mito è un sogno pubblico”. (Rollo May)

 La psicologia umanistica può essere considerata come una educazione interiore, all’attenzione di sé e individuazione dell’esistenza di un mondo interiore personale; per tale motivazione trova ampio spazio di impiego sia in ambito scolastico, educativo, aziendale, sociale e sanitario.

Si potrebbe identificare come un percorso di benessere che si rivolge sia alla prevenzione, che funge da perno nonché alternativa, alla stereotipata funzione riduzionista di sostegno terapeutico.

Maslow, dal canto suo, considera le condizioni necessarie all’uomo per ottenere lo stato di benessere, classificandone, dopo un attenta osservazione finalizzata ad individuarne i necessità, i bisogni umani fondamentali per le condizioni di un buon equilibrio.

Le persone che si autorealizzano distinguono molto più facilmente degli altri ciò che è genuino, concreto e particolare da ciò che è generico, astratto, rubricato. La conseguenza è che essi vivono nel mondo reale della natura più di quanto vivano nel mondo artificiale dei concetti, delle astrazioni, delle aspettative, delle credenze e degli stereotipi, che molti confondono col mondo reale. Perciò essi sono molto più adatti a percepire le cose come stanno anziché i loro desideri, le loro speranze, le loro ansie, le loro teorie e le loro credenze o quelle del loro gruppo culturale (A. Maslow)

Il bisogno, nel percorso di counseling, è punto di svolta, poiché il processo si finalizza alla individuazione di quali necessità cercano di emergere per stare bene con noi stessi.